Distinguere amministrazione e politica
Più volte si chiede quale sia l’appartenenza politica di un candidato di una lista civica e a quale partito faccia riferimento, ancorché abbia detto (e scritto) che non è né iscritto, né militante, né contiguo, né in alcun modo parte di alcuno schieramento politico.
Lo si è ribadito già più volte, ma può essere sfuggito, oppure quanto affermato non ha superato la soglia della diffidenza che ormai accompagna qualsiasi affermazione venga fatta da un politico o da un (anche solo potenziale) pubblico amministratore.
Queste riserve hanno radici profonde e sono corroborate da molteplici esempi di politici e amministratori locali che, in barba alle evidenze e alle risultanze oggettive, si cimentano in affermazioni e dichiarazioni che, oltre ad essere distanti dalla verità, sono anche uno sfacciato sberleffo all’intelligenza dell’elettore, che è assai più preparato, maturo ed informato di quanto certe arroganze possano arrivare a comprendere.
Io e le persone che con me lavorano al progetto Baldissero 2031 non siamo e non intendiamo essere dei politici, né siamo o vogliamo essere espressione di alcun partito o movimento, vogliamo solo essere dei BUONI AMMINISTRATORI.
Chi vuole FARE POLITICA ha ben precise frequentazioni, trascorsi e consuetudini, che a volte sono evidenti ed ostentate, altre volte sono sottaciute, nascoste, negate o addirittura rinnegate.
A noi interessa far ripartire una macchina che, se non ferma del tutto, sicuramente ha girato al minimo in questo lustro. Ad onor del vero negli ultimi 6 mesi abbiamo visto una inusuale “vivacità” che avremmo voluto vedere e apprezzare anche nei passati 5 anni di questa amministrazione, non solo nel periodo elettorale. Questa pratica, che fatica a scomparire, è usuale da parte di chi è avvezzo alle logiche del “fare politica”.
Il fatto di non essere e non voler essere dei “politici” non significa che non abbiamo idee, punti vista, opinioni e giudizi sulla politica in generale, ma semplicemente che abbiamo individuato un “tema” superiore, unificante e prioritario per la nostra quotidianità, sul quale far confluire le nostre esperienze e capacità, il nostro tempo e la nostra voglia di essere cittadini attivi e partecipi.
Abbiamo letto tante affermazioni, a volte tra loro contrastanti e contraddittorie, che ci hanno indotto a cercare di fare chiarezza.
Abbiamo letto che “i sindaci sono quelli che orientano la politica nazionale”.
Indubbiamente abbiamo avuto, anche recentemente, dei sindaci che hanno espresso un peso non indifferente nell’indirizzare la politica del nostro Paese, ma si tratta dei sindaci di città capoluogo di Regione (e non di tutte le Regioni), sicuramente non i sindaci di piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti.
Nel caso dei piccoli comuni, molto spesso vale esattamente il contrario, perché tutti abbiamo ben presenti i casi di personaggi “trombati” o eccessivamente “chiacchierati”, che appartengono al mondo della politica e vengono “parcheggiati” con un incarico di sindaco per “rimanere nel giro” e poi magari, dopo un periodo di purgatorio, tornare ad ottenere incarichi più prestigiosi.
Vi sono anche figure “minori”, persone già da tempo introdotte nel sistema dei partiti, ma che non sono ancora riuscite ad emergere. Costoro puntano a sfruttare l’incarico di sindaco per utilizzarlo come trampolino di lancio, sperando di ottenere la visibilità e notorietà necessari per essere eletti in enti di maggiore importanza e rilievo, quali ad esempio la Regione, che rappresenta il loro vero obiettivo.
E’ stato scritto che comunque “è degno di stima chi si iscrive o milita in un partito e che è giusto diffidare di chi non è né di destra né di sinistra”, ma la gran parte dei cittadini non è iscritta e non milita, quindi parrebbe quasi che il nostro corpo elettorale sia poco “onorevole” e che il non trovare una propria identità nell’attuale struttura dei partiti sia riprovevole.
La maggior parte dei cittadini, che difficilmente conosce il “sistema della politica”, quando è chiamata a scegliere si trova realmente nel dilemma di chi votare, perché è sempre più difficile comprendere se i candidati sono animati dal bene della collettività piuttosto che dai propri interessi personali.
E da qui derivano la mancanza di fiducia e il senso di impotenza e sconforto nei confronti di un sistema che dovrebbe essere trasparente, ma in realtà è ben lontano dall’esserlo. La conseguenza è un fortissimo distacco dalla politica, confermato nelle scorse elezioni politiche: quasi il 35% degli aventi diritto non è andato a votare o ha deposto nell’urna una scheda bianca o nulla. E di quel poco più del 65% di chi ha votato, il partito che ha raccolto più voti ha ottenuto circa un terzo dei voti espressi. Ma attenzione: un terzo del 65% corrisponde al 20% degli aventi diritto al voto. Questa é la realtà emersa dalle ultime votazioni in Italia e quindi è più che lecito porsi la domanda: sono i cittadini ad essere poco “onorevoli” o non è forse il sistema ad aver perso credibilità agli occhi del cittadino elettore?
Ordunque se il disincanto che caratterizza ormai da molto tempo le nostre elezioni può essere ascritto alla caduta agli occhi degli elettori della credibilità e onorabilità di chi fa politica o amministra una realtà locale, perché non considerare un bene che in un piccolo paese della provincia di Torino vi siano quattro candidati/e?
Avere tanti candidati offre agli elettori maggiori possibilità di valutare, comprendere, approfondire le diverse proposte e i punti di vista, per poi scegliere ciò che giudicano essere oggettivamente il meglio, perché non sempre le liste ridotte sono un vantaggio.
Con ad esempio due sole liste, se non piace un candidato si vota l’altro, il più delle volte per esclusione, non sempre perché lo si considera il migliore. Ma a forza di premiare il “meno peggio” alla fine ci si ritrova, come oggi, con una classe dirigente ricca di mediocri e povera di eccellenze.
Estremizzando il concetto, si rischia di “arrivare all’assurdo che le decisioni riguardo le cose più grandi verranno affidate ai più incapaci, caratterizzati al più da volontarismo incompetente e imprevidente” (Henri-Frédéric Amiel – “Diario intimo” – 12/06/1871).
Non sorprenderà quindi arrivare a sentire quello che un nostro concittadino ha attribuito ad un passante incontrato nei pressi di un manifesto elettorale in Baldissero: “Sono tutti uguali… Uno schifo… La politica è solo uno schifo”. Che la politica non abbia dato il meglio di sé da troppi anni è cosa risaputa, ma la politica è fatta di uomini e porta inevitabilmente con sé tutte le magagne che caratterizzano l’uomo.
“Anche l’amministrazione di un piccolo Comune – scrive il nostro attuale Sindaco (a capo di una lista civica) – è politica. Perché scegliere una cosa o l’altra è politica”.
Ecco, su questo noi dissentiamo e proprio da questo approccio noi intendiamo distinguerci, già a livello mentale: scegliere ciò che si ritiene giusto (dopo aver valutato e non per “partito preso”) non è politica, perché solo chi è intriso di ideologia può arrivare ad estremizzare a tal punto quello che è il normale svolgere delle cose.
Scegliere la cosa giusta non è politica, è correttezza; scegliere il bello non è politica, è estetismo; scegliere il male minore non è politica, è essere responsabili; scegliere di non fare nulla o quasi nulla per 5 anni a Rivodora, questo sì è fare politica.
Noi siamo e vogliamo orgogliosamente essere diversi, perché le ideologie le lasciamo ad altri, le direttive e gli aiuti di partito non li vogliamo né ricevere né sollecitare, perché sappiamo cosa vogliamo fare, come lo vogliamo fare e con quali tempistiche, per arrivare ad onorare un impegno che stiamo prendendo nei confronti dei nostri concittadini.