Cosa significa pianificare e programmare

La Pianificazione è il processo attraverso il quale un Ente, Società, Organismo, definisce le proprie politiche, i propri obiettivi e le risorse di medio-lungo periodo e individua le azioni e gli strumenti funzionali a questi scopi.

Si sviluppa sul medio-lungo termine, normalmente 3-5 anni, ma in alcune aziende questa pianificazione “strategica” copre un periodo assai più lungo, a volte anche superiore ai 15 anni, quando si tratta di comparti soggetti a particolari criticità politiche, tecnologiche, di mercato “captive” o strategico e di ricerca.

I passi intermedi per tradurre in fatti operativi la Pianificazione consistono in azioni di breve periodo (1-3 anni) e costituiscono la Programmazione, che a sua volta può essere ulteriormente articolata a livello infra-annuale (semestrale, trimestrale, mensile…) per permettere di gestire la quotidianità e il breve periodo organizzando le azioni in modo da ridurre al minimo l’improvvisazione e l’estemporaneità legata al caso.

Infatti il ricorso alla dedizione al lavoro, alla capacità di “gettare il cuore oltre l’ostacolo”, allo spirito di sacrificio e alla abnegazione che di solito si chiedono ai collaboratori, sono quanto di più lontano si possa trovare rispetto alla professionalità. Queste doti sono straordinarie ed encomiabili nei collaboratori, ma quando vengono sollecitate e “sfruttate” da chi è in posizione di responsabilità, denotano una preoccupante carenza di managerialità, preparazione ed esperienza. E sicuramente queste doti dei collaboratori non sono sufficienti né a garantire la crescita di una Società, né tantomeno il benessere a breve-medio termine di una Comunità.

In tempi molto recenti abbiamo avuto modo di vedere quanto queste due funzioni siano state trascurate in Baldissero, quasi che l’avere una “visione” complessiva, articolata e di ampio respiro sia una dote non necessaria ad un Amministratore Pubblico, che al massimo si preoccupa di essere reattivo in presenza di “emergenze” che tali sono, per la maggior parte, solo perché è mancata la capacità di “vedere oltre”. A giustificazione di questa impreparazione si è poi arrivati a dover leggere sui social che “amministrare un Comune è una cosa complessa, occorre attivare procedure burocratiche, coordinarsi, ricercare i fondi, non ci sono solo cose nuove, ci sono gli appalti di servizi e delle attività quotidiane…”.

La complessità che si ha nel gestire un piccolo Comune non è superiore a quella che ha un imprenditore o un manager che deve gestire un’azienda di piccole o medie dimensioni: fatturato, contabilità, bilancio, fornitori, banche, clienti, leggi, normative, tasse, tributi, sicurezza, personale, asset, imprevisti, etc., anche lì sono la normalità.

Tuttavia, per l’artigiano, l’imprenditore o il manager che non siano in grado di assolvere gli obblighi contrattuali assunti con i propri clienti o che non riescano a pagare le tasse dovute all’erario o i salari e gli stipendi ai propri collaboratori, non è prevista l’attenuante “perché l’attività di gestione è molto complessa”: l’imprenditore o l’artigiano che non assolve ai propri impegni fallisce e il manager viene sollevato dall’incarico.

Nessuno afferma che le cose sono facili, ma chi chiede di essere messo a capo della sua Comunità sa fin dal principio che le cose stanno così e se poi ne risulta sorpreso, allora altro non fa che dare una ulteriore conferma dei propri gravi limiti.

Un noto e assai apprezzato personaggio pubblico scomparso da non molto tempo era uso ricordare che “Quelli bravi e preparati portano progetti e soluzioni. I mediocri accampano alibi e scuse”.